Leggende e racconti popolari di Roma
Città metafisica e volgare, Roma inghiotte in sé la parola e lascia che siano gli 'altri' a parlare di lei: Goethe, Stendhal, Gregorovius, Shelley... Il popolo romano, amante del gesto teatrale e della parolaccia, sembra che in prima persona non voglia parlare. Per lui parlano il Berneri, il Belli, Pasquino, Trilussa, Pasolini o il Papa. Tuffata da secoli nella miseria e nella presunzione, la plebe di Roma ha creato per sé e solo per sé una potenza della parola, una genialità di linguaggio che con grandiosa barbarie esplode in sintesi di un realismo volgare e immaginifico del tutto speciale. Scovare quello che la gente si racconta è impresa difficile perché il romano è allusivo, ermetico, sfuggente e, se preso 'di petto', diventa violento come il 'greve' d'una volta: è strafottente, carnale, con la battuta facile, la voglia di vivere e di morire addosso. Eppure le leggende ci sono. Con lo sforzo, tra il fragore del traffico, la gente le rimemora e poi ne ride come di faccende infantili. Cecilia Gatto Trocchi le ha evocate, ha 'investigato' tra la gente e nelle biblioteche, nel labirinto della città e in quello della sua memoria perché è e si sente 'romana de Roma', anzi 'monticiana' purosangue. Ha prestato alle tradizioni popolari la sua voce e la sua sensibilità, dipingendo un insolito affresco fiabesco e magico della Città Eterna e dell'effimera gente che la abita.
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