Le stanze dei giardini segreti
Il filo rosso che accompagnerà i lettori verso qualche ipotetica risposta è racchiuso in una lapidaria frase felliniana: «L’unico vero realista è il visionario». Un viaggio di illuminante bellezza, in un susseguirsi di opportunità talmente intense da farci vivere contemporaneamente su piani dalle dimensioni diverse. Una liberazione dello spirito, attraverso l’identificarsi in personaggi ruotanti attorno a scenari mutevoli. La provincia italiana, tra Marche e Romagna, ma potrebbe essere qualsiasi luogo della periferia del nostro paese, viene catapultata a Parigi, in Russia, in Honduras. Per ritornare sempre al vecchio mulino sul Torbello o al postribolo dell’Orsolina, sperso tra boschi entro cui sembrano far capolino Tonino Guerra, Dino Campana, Sibilla Aleramo. Ne "Le stanze dei giardini segreti" scaturiscono la saggezza proteiforme del Professore, la conturbante lascivia erotica di Annà e ancora di Dario, l’uomo che abbracciava gli alberi. Compagni di viaggio, alla ricerca di emozioni e idee per creare giardini all’interno di stanze segrete di un vecchio mulino abbandonato.Proposto da Paolo Ferruzzi al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione: «Ho letto tanti libri in questi ultimi mesi ma senza ritrovarmi in alcuno di essi. Poi ho letto un libro che mi ha fatto volare con le ali della fantasia al soffio del vento che nel vortice porta con sé cose e fogli con parole scritte. Come il vento dell’uomo dal cappello dalle larghe tese nere, come il vento di Manalive di G.K.C. Ricordate come in Manalive Innocenzo nasce? Dal vento! Da quel vento che si leva alto a occidente come un’onda d’irragionevole felicità portando con sé “il nevoso aroma delle foreste e la gelida ubriachezza del mare e che in mille buchi e cantucci ristora la gente come un boccale di vino fresco e la sorprende come una percossa”. Da quel vento che “nelle stanze più riposte di case labirintiche e recondite, suscita come un’esplosione domestica e semina l’impiantito di fogli professorali, tanto più preziosi quanto più fuggitivi”. E risveglia drammi in esistenze senza dramma, e suona le trombe della crisi sul mondo. Da quel vento che giunge, spacca il cielo e scarica a destra e a sinistra la nuvolaglia e spalanca le grandi fornaci radiose dell’oro serotino. E il vento nelle Stanze dei giardini segreti di Nevio Casadio, irrompe come un meteorite improvviso può cadere in una Romagna a me sconosciuta, in una “Marmont” sperduta, in un mulino abbandonato come nella “Zona” tarkovskijana dove la forza dei sogni fa smuovere i bicchieri ricolmi di vino rosso alle more. E ho letto un libro a voce alta per chi mi stava vicino e ancora di nuovo per chi lontano ascoltava senza essere veduto e che ne voleva risentire brani perduti del “bacio dell’innocenza”, l’eco nella “stanza del cimitero dei nomi abbandonati” e il soffiare “su quelle lettere scomposte e disegnate nell’aria, come per dire che tutto vola via e che sotto quelle lettere non c’era niente, fumo e basta”. E ho letto un libro e mi sono sentito, in un’isola felice sul mare, in un mulino quale custode “dei resti di gente sfiorita” e di “luoghi dove incontrare sé stessi lungo il filo dei sogni”. E ho letto un libro dove si anagramma la realtà per raccontare, in una stanza vuota, la storia ancora più vera del “saliorgezivo” evocato nella struggente amicizia neppure intaccata “dall’invidia della terza sigaretta accesa”. E ho letto un libro che idealmente colloco tra le cose care nella “stanza degli amici” perché mi possa aiutare a trasformare la bruttura in bellezza, l’inutile in fantastico, il bistrattato in meraviglia, perché Le stanze dei giardini segreti è poesia e fantasia, è tutto ciò che aiuta per essere “l’autore dei propri sogni”.»