Filosofia del poker
Il poker, sostiene l'autore, è una metafora della vita: la partita comincia e finisce e per l'intera durata del gioco si vince e si perde, si attacca e ci si difende, si è e si appare, cercando di vincere il più possibile. Come nella vita. Ma che genere di gioco è il poker e che tipo di uomo si lascia coinvolgere in un'avventura così particolare che può trasformare la vita in un inferno o in un paradiso?Con un sorriso agli angoli della bocca, tutto toscano, Mercantini non ci guida soltanto a scoprire in che cosa consiste il poker e quali sono le sue regole d'oro. Attraverso il filtro delle cinque carte ci spinge inesorabilmente a vedere, tolto ogni velo moraleggiante, qualcosa in più di chi siamo, al tavolo verde e fuori: degli ostinati, privi di brillantezza e di fantasia, o degli ottusi, che come certi generali non si arrendono mai? Dei vanitosi, concentrati nell'esibizione più che nel gioco, oppure dei pedanti, che devono sempre esprimere il proprio parere, di norma non richiesto? Dei riflessivi o dei frenetici, degli idealisti o dei lamentosi? Lo specchio è impietoso, ma Mercantini, che si definisce un giocatore pigro, ci concede qualche pausa, regalando divagazioni letterarie e cinematografiche, curiosando nelle corti del Settecento e sui battelli che risalivano il Mississippi, o rievocando partite esemplari, come quelle che si giocavano alla Fanciulla del West, celebre bar di Lucca. Ci fa anche incontrare un giocatore di professione, rigorosamente protetto dall'anonimato: un impiegato di banca che un giorno ha deciso di avere a che fare con i soldi a modo suo. Perché non è il denaro il vero scopo del giocatore di poker, insegna Tommaso Landolfi, che di queste cose se ne intendeva. Nessun vero giocatore accetterebbe di vincere, anche somme rilevanti, senza giocare: ne andrebbe della sua dignità di giocatore, che per lui è più importante di quella di uomo. E soprattutto gli verrebbe a mancare la chance sovrana e più imperiosa: quella di perdere.
Momentaneamente non ordinabile