Il mondo in fumo
La madre di Annie fumava in ogni circostanza: mentre cucinava, quando le faceva il bagno, mentre si smaltava le unghie dei piedi, quando si truccava. Fumava più di un uomo, anche se mai per strada, perché non faceva chic. Ma all'epoca in Francia fumavano tutti. Fumava il garzone del macellaio mentre tagliava l'entrecote, fumava la gente sui treni e più di tutti fumavano i librai. Era il momento clou del tabagismo. Come tanti, Annie comincia di nascosto, goffa, tossicchiando senza piacere. E poi continua accanita, ironica e consapevole per tutto il resto della vita, perché quel rotolino di tabacco diventa un fedele compagno di lavoro, un gesto automatico, un incubo quando manca, un piacere che si mischia all'aroma del caffè, una malattia che scarnifica, un analgesico naturale. Ben lungi dal voler fare proseliti, Annie François ci racconta di una passione-ossessione di cui non riesce a liberarsi. Nel suo schietto e controcorrente "elogio del fumo" ci svela le abilità che il tabagismo sviluppa: riconoscere al primo sguardo gli scrocconi di professione, estrarre con due dita una cicca dal pacchetto che si tiene in tasca, rattoppare i buchi provocati dalla brace nei vestiti. E ci racconta tutto il brutto e il bello del fumatore, tra denigrazione e autoderisione, tra manie e tentativi di disassuefazione, su cui spicca il disappunto suscitato dalle sempre più severe restrizioni.
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