Il più grande scrittore d'Islanda
Si dice che la scrittura sia divina, anche perché rende immortali i grandi autori. Ma quel che capita al 'più grande scrittore d'Islanda' va oltre ogni ragionevole aspettativa di fama e posterità. Defunto alla soglia dei novant'anni, si risveglia nella 'Valle dell'inferno' per tornare a vivere, protagonista e osservatore insieme, nei romanzi che ha composto in gioventù. Si ritrova così in compagnia di tutti i personaggi creati dalla sua penna, che nella finzione letteraria di un tempo erano distillati dalla vita reale: un timidissimo bambino, un burbero contadino indurito dal gelo islandese, un'ingenua ragazza di irresistibile fascino. E mentre le creature, sempre più numerose, trascinano il loro vecchio burattinaio in un caleidoscopio di ricordi privati e inconfessabili, in campo lungo sfila un secolo di storia: le avanguardie artistiche del Novecento, il sogno infranto del comunismo, l'insopportabile vacuità della fine delle ideologie. Sino all'epilogo, crogiolo di passato e futuro, che suggella nell'eterno ritorno una vita tormentata dalla brama d'immortalità. Nel suo ultimo romanzo Hallgrimur Helgason ci consegna il ritratto di un grande scrittore, evocando la vicenda umana del conterraneo Halldór Laxness, premio Nobel per la letteratura nel 1955. Ma nel contempo realizza un'opera corale che abbraccia l'intero cosmo islandese, col suo lascito di saghe e tradizioni, piegandolo alle ragioni di una scrittura estrema e irriverente. E la sua prosa restituisce i colori, i ritmi, le atmosfere di un Paese.
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