Human punk

Human punk

Violento, sboccato, irriverente: ancora una volta il John King di "Fedeli alla tribù" sfodera la sua arma più micidiale, un linguaggio che dà voce alla vita e ai sentimenti di una gioventù alla deriva. Un racconto travolgente, come la sua colonna sonora, ci riporta in una mitica stagione di creste e ritmi indiavolati. È l'estate del 1977, a Slough, un grigio sobborgo londinese, e la scuola è appena finita: per il quindicenne Joe Martin e i suoi amici saranno settimane di lavoro a raccogliere ciliegie, ma anche di sbronze al pub, scazzottate, macchine rubate per godersi un sabato sera nei locali di Londra, a mangiare con gli occhi le ragazze in minigonna stretch. Quello che conta sono i Doctor Martens lucidi ai piedi e le spillette fluorescenti sul giubbotto. E soprattutto tanta musica: la prima ondata del punk britannico, i Sex Pistols di "God Save the Queen", i Clash di "White Riot", ma anche il reggae e lo ska. Joe conosce a memoria tutti i testi: non è solo una moda, le canzoni interpretano i sentimenti di tutti quei ragazzi che non sanno cosa farsene della regina, dei politici, dei discorsi alla tele, della noia e della povertà dei sobborghi. Tutto sommato i mesi di vacanza trascorrono allegri, finché qualcosa si spezza. Joe e l'amico Smiles vengono aggrediti. Non è la solita rissa: si salvano per miracolo. Da allora Smiles non sarà più lo stesso, distrutto lentamente dalla follia. Per Joe sarà una ferita - e non la sola - che nei decenni successivi lo costringerà a fare i conti con quell'indimenticabile estate...
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