La nave dei sogni perduti
Più simile a una prigione che a un ricovero, il dormitorio pubblico somiglia, nel chiarore della luna, a un bastimento in secca, malandato scrigno di sogni dei suoi poveri ospiti. I quali, dimenticati dal mondo, sono costretti a subire ogni notte i traumatici e alienanti controlli del commissario di Pubblica Sicurezza. Eppure resiste negli animi dei reietti della "Nave dei sogni perduti" una salvifica dignità. La stessa che spinge, nel secondo racconto, un anonimo venditore di lucido da scarpe a un estremo tentativo di illuminare un'esistenza mediocre senz'altro colore che un cognome dal suono importante - Offenbach come il compositore -, per cui prova "un certo prudentissimo orgoglio". Altro è lo sfondo per l'ammaliante "Taccuino etipico", autentico diario di un viaggio clandestino in cerca di fortuna nell'Africa Orientale Italiana negli anni trenta. C'è, dunque, nelle tre storie qui presentate, la conferma di una caratteristica di Ubaldo Bertoli uomo e scrittore: l'evidente predilezione per gli umili, i semplici, gli sconfitti.