Addio, mia unica
Allievo del più celebrato filosofo del dodicesio secolo, Guglielmo ha vissuto nell'ombra di Abelardo, padrone assoluto delle parole ma niente affatto padrone di se stesso, condividendone gli entusiasmi e le miserie, e soprattutto amando la stessa donna, la bellissima e dottissima Eloisa, apparsa nel manto azzurro, un fiore d'oro nei capelli, in una Parigi infiammata dalle grandi dispute dottrinali. Con loro e per loro Guglielmo è vissuto, senza mai lasciarli nelle avversità più devastanti, facendo passare il suo dolore dietro il loro, amandoli entrambi. Nel momento più cupo della separazione forzata dei due amanti resta solitario custode del Paracleto, il monastero fondato dal filosofo e donato all'amata una volta divenuta religiosa. E' lui che consegna le spoglie di Abelardo, morto nell'abbazia di Cluny, a Eloisa, ricevendone in cambio il pegno più segreto della loro passione. E' lui che nasconde in una nicchia le lettere per salvarle alle ingiurie della storia e degli uomini: come Abelardo e come Eloisa, Guglielmo lascia nel mondo delle tracce d'amore, le sole capaci di far si che nessuna vita sia vana. "Addio, mia unica" sono le parole che suggellano l'esistenza di ciascuno dei tre protagonisti di una passione che, esaurito l'afflato dei sensi, si compie nell'abbandono dentro l'amore divino. Audouard riesce a intrecciare l'intimismo di una vicenda privata, scandagliata nei più profondi recessi, e la rievocazione di un'epoca di abbagliante splendore intellettuale in un romanzo in cui sfilano, vivi e autentici, i protagonisti del medioevo europeo, da Bernardo di Chiaravalle a Pietro il Venerabile, da Arnaldo da Brescia all'abate Sugerio.
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