Il bar del tempo
Questo libro di Davide Rondoni si impone al lettore innanzi tutto perché è un libro di sofferta, energica, intensissima ricerca di verità. "Il mondo non i sogni voglio ricordare", afferma il giovane poeta romagnolo, cattolico e vitalista, risentito e vagabondo, che cita in apertura di volume Vasco Rossi e don Giussani, come nessun poeta oggi farebbe. E il mondo che prende corpo nel libro è quello delle sere italiane, degli appartamenti con i televisori accesi e con i tavoli "mezzo ingombri dalla cena", delle piazze, dei viali, delle stazioni notturne, dei bar, i bar con i loro banchi, i loro tavolini, i loro camerieri, che ricorrono tra questi versi sino ad assumere una evidenza tematica, a farsi emblemi di un destino. Tra le città italiane che il poeta rievoca, il lettore incontrerà Napoli, con gli accenti di un blues alla Pino Daniele, Milano, dal volto "piatto, senza respiro", e soprattutto quelle di una "terra più dolce", Bologna, Forlì, con le sue "ragazze e i vecchi al sole". Il linguaggio di Rondoni fa convivere in una sintesi forte, riuscita, lirismo e realismo, con echi del prediletto Luzi e forse anche di Testori e di Pasolini. L'orizzonte si allarga, e il linguaggio tende a farsi rituale in poesie come Salmo, quasi o Figura del centurione, in cui emerge una ispirazione religiosa dura e combattiva, dove il poeta reietto si appella alla forza del Signore "degli incensieri", "delle flotte" e "dei portali". Ma questo poeta della strada e del viaggio è alla fine soprattutto un poeta degli affetti famigliari: i suoi versi sono pieni di volti, voci, ricordi familiari, dui padri, madri, nonni; hanno il profuno stesso dei focolari domestici. E dove raggiunge l'eccellenza è nelle poesie per la nascita del figlio.
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