Lo psicoagente
Il contemporaneo "psicoagente" di Andrej Rubanov non è un poliziotto né tanto meno una spia, bensì uno spietato soggetto impegnato nella soppressione psicologica di un altro a proprio beneficio: un "agente" umano in grado di innescare psicosi. Un vero e proprio cannibale psicologico, la cui legge interiore divide l'umanità fra chi nasce per divorare e chi per essere divorato. Tale è Kirill Korablik detto Cactus, ex galeotto ripulito che, superata la quarantacinquina, irrompe nella vita di un'ordinaria giovane coppia di moscoviti. Mila sa bene di essere una donna bella e intelligente, e sua priorità è una tranquilla e agiata vita privata insieme al promesso sposo Boris, principe azzurro dai forti bicipiti e dal business privato nelle auto di lusso che può contare sulla sicura rendita di un plurilocale in pieno centro. Insieme ai loro amici sono ottimi rappresentanti della nuova classe media russa: inconsci e spesso debosciati trentenni votatisi al mito dell'apparire e del contare, animati da un dinamismo spesso fine a se stesso. Al ritorno da un capodanno in campagna durante il quale l'amico d'infanzia Kirill si è presentato con uno stravagante regalo, Boris e Mila trovano il proprio appartamento scassinato, trauma che scatena latenti problemi di coppia: lei decide di andarsene, mentre Boris sprofonda in una depressione alcolica. Ma Kirill è tanto premuroso nel confortare "gli amici" da far nascere in Mila inquietanti sospetti.