Chiamate a freddo
Bill Moss, ex vicepresidente del marketing alla Smythe and O'Greeley, si è ridotto al rango di modesto addetto al telemarketing presso una società di Manhattan che vende servizi telefonici. Vive in un appartamento troppo piccolo con una ragazza che guadagna più di lui. Tra crisi di rabbia repressa e sogni di una doverosa rivincita, Bill alleva la sordida ossessione di andare, almeno una volta, con donne di strada e dominarle. Ma ecco che, quando sta per essere nuovamente licenziato e tutto gli sta crollando intorno, il caso gli offre un'opportunità straordinaria, coinvolgendolo in un gioco criminale che farà esplodere una violenza cieca dalle terribili conseguenze. Jason Starr descrive con abilità un ambiente di lavoro dove la competizione detta regole spietate e favorisce rivalità pericolose: uno stile dai colori acerbi - che ricorda certi quadri di Hopper - riproduce gli ufficietti angusti dei sottoposti frustrati e le gelide fisionomie dei capisettore. Sullo sfondo, l'Upper East Side delle grandi avenues, ma anche la metropoli cupa e brutale dei sobborghi. Un'esplicita denuncia dell'american way of life, ma soprattutto un noir lucido, incalzante, seminato di colpi di scena e raccontato dallo stesso protagonista che assiste, attonito e consapevole, al procedere inarrestabile della propria perdizione. Incastrato in una città più grande delle sue illusioni.