Per favore non chiamatelo amore
Sarebbe facile, fermandosi alla superfìcie della narrazione, definire "demenziale" questo romanzo pieno d'invenzioni e indimenticabili figure "estreme" che ruotano attorno al protagonista, vittima di una delusione d'amore. Un fardello che trascina con sé dalla pianura Padana fin sulle spiagge d'Inghilterra, incapace di accettare l'abbandono e, anzi, quasi rassicurato nello scoprire ogni giorno che la ferita non si è affatto rimarginata. Presto però, dalla trama, emerge ben altro: i personaggi, tutti, portano con sé le macerie di un'epoca - quella della caduta di muri, speranze e ideologie, quella del trionfo del nichilismo individualistico e del cinismo. Faticano a trovare un ruolo, una dimensione, una direzione, ma spesso lo fanno sorridendo - magari amaramente - e ci istigano al sorriso, travolgendoci con una raffica di trovate letterarie e sorprese linguistiche. E lasciandoci con una domanda (quella che si è posta uno dei primi lettori del manoscritto): ma si va davvero così giù di testa, quando ci si innamora?
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