La filosofessa italiana, o sia Le avventure della Marchesa N.N.
Il 1753 è una data da ricordare; esce in quell'anno il primo romanzo italiano, "La filosofessa italiana" di Pietro Chiari. Anno e opera che hanno il significato pieno degli inizi: qualcosa di nuovo riesce a penetrare nel mondo chiuso e sorvegliato della 'buona letteratura' e subisce il destino riservato all'intruso e al diverso. Ma che cos'è questa Filosofessa letta dal popolo e rifiutata dai critici? Il bresciano Pietro Chiari (1712-1785), dopo anni di studi presso la Compagnia di Gesù, arriva a Venezia con l'intenzione di farsi notare con ogni mezzo nel vivacissimo mondo letterario degli anni '50, tanto da diventare uno dei protagonisti dell'acceso dibattito teatrale. Rimarrà in effetti famoso (o meglio famigerato) per la sua contrapposizione a Goldoni. Inimicatosi i potenti dell'establishment veneziano, nel 1762 decide di tornare nella città natale nello stesso anno in cui Goldoni parte per Parigi. A Brescia Chiari intensifica la produzione narrativa, a cui arride un grande successo accompagnato dalla pervicace e compatta ostilità antiromanzesca dei letterati ufficiali. Fra i molti fugaci scritti di vario genere si ricordino, in campo narrativo, i romanzi teatrali ("La ballerina onorata", "La cantatrice per disgrazia", "La commediante in fortuna"), cui seguirono molti altri nei quali il motivo del viaggio e dell'esotismo si coniuga con spunti filosofici d'ispirazione illuministica ("La bella pellegrina", "La viaggiatrice", "La zingana", "La francese in Italia", "L'isole della fortuna", "L'uomo d'un altro mondo").
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