Orti di guerra

Orti di guerra

"La satira - scrisse Swift - è una sorta di specchio, in cui chi guarda di solito scorge la faccia di tutti gli altri ma non la propria". E se non fosse così? Se ci capitasse di trovarci in una specie di antisatira, dentro ad una spirale in cui si frantuma ossessivamente il nostro stesso volto (uno sguardo che non trascrive più il mondo ma lo coglie appena nella sua demenza, nel suo sfolgorante delirio), cosa dunque leggeremmo: un diario svuotato? Un libro aforistico di paradossi? Forse una commedia crudele e rabbrividente dell'assurdo quotidiano? La risposta, pur segreta, è il fascino stesso di questi Orti di guerra: Edoardo Albinati ha scritto un libro di puri giudizi, un resoconto acuto e scanzonato, raffinatissimo, dei limiti del nostro pensiero rispetto al mondo. Limiti moralistici; gemme preziose e pietre povere, nel solco di una tradizione che corre da Stevens a Leopardi, attraverso le lettere di Montesquieu, fino, appunto, alle battaglie di Swift. La satira di Albinati non esamina più nulla, non morde, non capovolge, non consiglia. Sta solo a giudicare: con un'intelligenza purissima e selvaggia.
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