Morte e usignoli
"Una volta finito questo libro, non aspettatevi di dormire facilmente": così è stato scritto di "Morte e usignoli", il romanzo che ha rivelato al grande pubblico il genio narrativo di Eugene McCabe. Ritmata nei tempi di una tragedia classica (tutta l'azione, infatti, è racchiusa nel rapido giro di ventiquattr'ore), la vicenda è ambientata nell'Irlanda rurale del tardo Ottocento. E' un paesaggio di straordinaria bellezza, un Eden nel suo trionfale rigoglio primaverile, a fare da sfondo al conflitto, dalle conseguenze imprevedibili, di tre personaggi sottomessi all'oscura energia delle loro passioni. L'amore spinge la protagonista Beth ad abbandonare la fattoria del suo patrigno, Billy Winters, non prima di averlo derubato del suo oro. Ed è un sentimento d'odio altrettanto radicale a opporre il suo amante, l'ambiguo Liam Ward, a Billy Winters. E' a sua volta un torbido miscuglio di attrazione e rancore a legare quest'ultimo a Beth, sua figlia per legge, ma in realtà concepita al di fuori del letto coniugale. Al momento della resa dei conti la violenza compressa per troppo tempo esploderà senza più nessun argine. Ed è fino all'attimo irreparabile dell'esplosione che McCabe conduce i suoi lettori senza concedere loro mi momeuto di tregua, avvolgendoli nella spirale di questa partita all'ultimo sangue, dall'esito perfetto e lancinante.