Romanzo del vecio (Il)
L'Italia è scarsa quanto a generali. Non che manchino personaggi capaci di proclamarsi tali. In questo senso, ce ne sono anche troppi e con grandi pretese. Ma che sappiano poi fare veramente i generali, ovvero comandare e vincere, è un altro discorso. Di vittorie ne hanno colte ben poche perché le nostre guerre sono sempre state confuse e non si è quasi mai capito da che parte si stesse, avendo avuto persino modo di cambiar gli alleati in guerra, che non è un gran bel comportamento. Ma almeno un generale vittorioso lo abbiamo avuto. Si chiama Bearzot. E ha vinto la campagna di Spagna dell'82, battendo tutti. Queste sue memorie realizzate con il concorso di un giornalista sportivo eccezionale perché non dedito all'enfasi e alla drammatizzazione dei fatti, ma in grado di riportarli esattamente e di interpretarli con affetto quale Gigi Garanzini, costituiscono la rassegna non solo di un mondiale di calcio, ma anche un pezzo di storia d'Italia. Bearzot narra la sua impresa di commissario tecnico in occasione del settantesimo compleanno, ma non si limita a questo. La sua è una testimonianza ricca di episodi inediti che abbraccia almeno mezzo secolo di vita prima ancora che di calcio. Dall'apprendistato da allenatore nella Torino granata degli anni Sessanta sotto la guida di Rocco, alla preparazione dettagliata, addirittura maniacale della vittoria sul Brasile, alla sua militanza cristiana, a patto di non dover porgere l'altra guancia. Durissimo verso la dottrina sacchiana del sacrificio del talento del singolo al rispetto dello spartito, per lui, come in un'orchestra jazz, tutti devono dare il meglio di sé in funzione dell'assolo del solista. Assolutamente originale poi la sua classifica dei più grandi: "Maradona, il re degli ultimi trenta metri. Platini dei cinquanta. Cruyff dei settanta, Di Stefano del campo intero. Pelé? Un fenomeno, ma non si è mai misurato con il vero calcio, quello europeo..."