Mi ricordo, sì, io mi ricordo

Mi ricordo, sì, io mi ricordo

Forse nessun attore si è mai congedato dal pubblico con un testamento palpitante di vitalità come "Mi ricordo, sì, io mi ricordo", il film-confessione con cui, alla vigilia dell'uscita di scena, Mastroianni racconta con stoico umorismo, pudica ironia e reticente tenerezza la sua vita d'arte e la sua arte di vivere. Negli intermezzi della lavorazione in Portogallo di "Viaggio all'inizio del Mondo", fra le montagne e il mare, Marcello si mette di buon grado davanti alla cinepresa e tira i molteplici fili della memoria e della riflessione. Nella sua spericolata navigazione durata mezzo secolo, in mezzo alla vasta costellazione degli autori di Mastroianni, brillano le stelle-guida dell'adorato De Sica; di Visconti, spietato allenatore di palcoscenico; di Fellini, complice pigmalionico; di Ferreri, ispiratore di trasgressioni. E nei discorsi di questo commediante pragmatista emergono a sorpresa riferimenti più alti: Cechov, imprescindibile fratello di sangue; Diderot, con l'aureo precetto che l'attore deve far piangere senza piangere; Proust, Kafka. Quella dell'interprete di "8 1/2" è una lezione di orgogliosa professionalità, da lui giocata al ribasso: solidamente attestato sul suo talento e tuttavia consapevole che i soli veri divi restano gli idoli hollywoodiani della sua adolescenza. Imbattibili giganti dell'immaginario, soprattutto nell'odierna prospettiva in cui l'universo dei cinema sta rinserrandosi sempre più nel rettangolo del video. Sicché il nostro si aggira in sogno lungo i viali di una Cinecittà miniaturizzata e invasa da orde di nani; ma senza mai rinunciare a quella che poeticamente definisce "la nostalgia del futuro". (Tullio Kezich)
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