Margherita vuole il regno

Margherita vuole il regno

"La storia è un incubo dal quale cerco di svegliarmi". Chi parla è la protagonista, che replica all'amico poeta. E la storia è il fondale iperreale e fantastico di questo allegrissimo semiserio romanzo, dove si ipotizza che dietro l'attentato morale a Re Umberto si celi una verità contorta e, per l'appunto, romanzesca. E la racconta in prima persona la Regina Margherita di Savoia confidando al devoto Giosuè Carducci una mala intenzione e necessaria: liberarsi del re, inetto, incapace di governare, e guidare lei le sorti del regno, come già in Inghilterra sta facendo la vedova Vittoria. Il problema è trovare il sicario, la mano disposta a eseguire. Un incontro a casa dello scrittore Jules Verne, un viaggio avventuroso a Luxor d'Egitto, una conclusione possibile in una Napoli coloratissima e trucida costituiscono le quinte più rilevate di questo racconto che sembra accordare il burlesco della scapigliatura, tra Faldella e Dossi, alla bizzarria di Imbriani o al surreale di Campanile, un amalgama ben dosato che lascia trasparire, dietro il divertimento, il ritratto di un fine secolo assai goffo. Come il vate nazionale Carducci, che poco si lava e parla autocitandosi, e sono i versi più retorici. O come la Regina Vittoria, qui in veste non solo di sovrana: è lei e non il reverendo Carroll che ha scritto Alice. E compariranno anche l'infermiera Florence Nightingale e l'umbratile scrittore-pittore Aubrey Beardsley a svelare altre verità, come in tutte le parodie che si rispettino. Così Scaglia, tra leggenda e fantasia, ammiccando e giocando, ha scritto un romanzo irresistibile e unico: ha imbastito una storia di truculente nefandezze che hanno l'autenticità dei "si dice" popolari, come quei cartelloni illustrati, veri antesignani dei fumetti, che un tempo nelle fiere magnificavano prodigi di santi o misfatti d'assassini.
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