Diario da Belgrado
Una drammaturga serba, giovane, appena ventottenne, conosciuta e stimata per i suoi lavori teatrali, racconta la sua esperienza di guerra. Tiene un diario e, via Internet, dalla sua casa di Belgrado raggiunge l'Italia e il quotidiano "La Repubblica". Il suo direttore e gli altri giornalisti leggono con crescente interesse ed ammirazione quelle cronache in diretta, per la capacità di "restituire l'unità della guerra, come se vedesse insieme dai vetri della sua stanza l'orrore dei bombardamenti e le loro ragioni, l'esistenza sconvolta del suo popolo ed i valori dell'Occidente". E scrive ancora Ezio Mauro: "Apparentemente raccontava la coda per il pane, l'elettricità che mancava, la propaganda ridicola e pomposa della radio di regime, i viaggi in corriera lungo un Paese senza ponti. In realtà spiava e decifrava la composizione sociale e culturale che la guerra comporta, lo sconvolgimento delle ragioni e dei torti, delle certezze. Quasi la diagnosi di un gran male collettivo. Tuttavia una morale esiste, un sentimento di sé che impedisce di perdersi. Il giudizio sulla dittatura è netto, coraggioso, quotidiano, e frutterà a Bibliana gli insulti della stampa, della radio e delle televisione del regime. E c'è il racconto - mai enfatico - del coraggio della disperazione, la vita sotto le bombe, la rabbia delle madri che rompono i vetri delle sedi militari per riavere i corpi dei figli morti e chiusi nei sacchi di plastica. Così Biljana ha attraversato il conflitto scrivendo il suo diario giorno dopo giorno, difendendo le ragioni del popolo e salvando le ragioni della democrazia, di una convivenza finalmente civile, di un esito, di un risultato, di uno sbocco diverso. E cioè un senso, qualcosa capace di restituire un significato al puro orrore che viveva a Belgrado: per restituire a noi, attraverso questo diario, le ragioni dell'ultima guerra europea di questo secolo, una guerra che avevamo scelto, e di cui non potevamo più ignorare l'altro volto".