Beati come rane su una foglia di ninfea
"I denti di Giorgio Washington com'erano: di legno duro o dolce? Di mogano per la resistenza o di abete americano per il calore e la lucentezza? Dipinti, verniciati o grezzi? Ricavati da un unico blocco o un insieme di tanti piccoli pezzi? E, nel secondo caso, erano incollati, inchiodati o a incastro? Putrefazione? Schegge? Tarli? Le ciliegie li macchiavano di rosso, o ingiallivano con la senape? Quando li usava, producevano suoni secchi simili a quelli della musica giapponese tradizionale o piuttosto simili a quello di un picchio in un sicomoro? Lasciati involontariamente cadere durante la traversata del Delaware, sarebbero andati a fondo, o avrebbero galleggiato come la barchetta di un bambino? Quando faceva l'amore li teneva in bocca o se li toglieva? Quali segni potrebbero avere lasciato sulla nuca di Martha? Al lume delle candele, in una sala da pranzo del milleottocento, quali ombre proiettavano sulle pareti?"
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