Vinti e vincitori
Quale che sia il discrimine tra cronaca e storia, gli avvenimenti e i protagonisti di un passato recente sembrano stagliarsi come ombre cinesi su un fondale di ricordi bianco; e solo a chi ripercorre quegli eventi e i personaggi che li animano le sagome acquistano colore e dimensione, come, colpite da una luce diversa, che è quella del tempo e della sua riflessione. Senza dirlo, da giornalista che si attiene ai fatti, Jas Gawronski lascia che la sua scrittura tradisca la patina della nostalgia, un'impronta frasca nella fattualità storica, un frammento di memoria, come la cupa Mosca di Breznev, o l'incontro con Lukacs a Budapest, o l'accorata indagine sui luoghi di Dawid Rubinowicz, così simile per sorte e per mito ad Anna Frank. Dagli anni Sessanta a oggi, Gawronski non ha smesso di viaggiare, di visitare luoghi topici e uomini famosi, cercando di cogliere in ogni incontro il senso di una verità che superasse l'occasione giornalistica, senza mai prevaricare sul documento, lasciando sempre che le parole parlassero e rilevassero pensieri ed emozioni, o esponessero il fuoco del fanatismo, il vuoto dell'ottusità. Si passa così dalla straordinaria conversazione con Giovanni Paolo II, quasi amichevole e intima nelle sue sorprendenti meditate asserzioni, all'intervista di Khomeini a Parigi, già presaga di terrori sciiti, dal colloquio col generale Jaruzelski, capito e riabilitato nella tragica decisione che le circostanze gli imposero, a quello con Priebke, davvero un'efferata testimonianza della banalità del male. Vinti o vincitori, meteore e solidi pianeti, i personaggi che l'autore illumina in un palcoscenico di variabili inquiete non sono mai lasciati alla contingenza del momento, ma seguiti nel ruolo e nel loro destino. Le interviste così diventano dei veri e propri ritratti, fissati nel lampo della storia, come gli eventi che li portano in alto o in basso, e come se Gawronski volesse ricordarci che tutto ciò che è accaduto reca il segno di una civiltà.
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