Lettere ad un santo. Karol Wojtyla, amico mio
«La storia della mia corrispondenza con Karol Wojtyla è quasi incredibile, io avevo quindici anni, ero una ragazzina e mai prima di allora avrei pensato di intrattenere un dialogo epistolare con un papa. Ma a volte nella vita capitano cose davvero strane, a me ne sono accadute molte e la mia "amicizia" con un grande pontefice è una di queste. Quello che mi spinse a scrivere la prima lettera all'allora Santo Padre Giovanni Paolo II, fu il desiderio di comunicargli la mia guarigione spirituale avvenuta a Lourdes pochi mesi prima. Davanti alla grotta di Massabielle avevo capito che la mia condizione di disabile che mi costringeva a stare sulla sedia a rotelle non era una maledizione come avevo sempre pensato, o un segno dell'abbandono di Dio, ma al contrario era un'opportunità per fare al meglio la Sua volontà. Capii in modo chiaro che i progetti del Signore quasi sempre non sono quelli degli uomini e hanno il potere si stravolgere le vite e portarle a diventare migliori, anche quando sembra inconcepibile. Avevo molta voglia di annunciare a tutti che il Signore aveva operato in me meraviglie, avevo capito che la mia sofferenza poteva servire, se offerta, a tante persone, ai peccatori ma anche ai credenti, a chi soffriva come me e più di me, e soprattutto alla Santa Madre Chiesa. Papa Giovanni Paolo II era già molto malato e provato dalla malattia che lo stava letteralmente consumando, però andava avanti comunque. Mi chiedevo perché doveva interessarsi a una ragazza come tante altre quando lui era un uomo tanto importante che aveva il peso della chiesa universale sulle spalle...» (Dall'introduzione dell'autrice)
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