Segni come parole. Il linguaggio perduto

Segni come parole. Il linguaggio perduto

Nell'ambito delle diverse culture preistoriche e protostoriche che hanno prodotto cultura figurativa, gli iconogrammi e ideogrammi condivisi dalla comunità culturale o dal gruppo sociale erano di tipo convenzionale, cioè di comune conoscenza ed uso e al contempo analogici, cioè capaci di evocare relazioni tra il concetto, l'oggetto concreto, l'evento, il mito e la loro rappresentazione. Le opere incise, scolpite, intagliate, plasmate, graffite e dipinte scoperte oramai in tutto il mondo e oggetto in questi ultimi cento anni di analisi - sovente da noi erroneamente definite artistiche -in realtà, per coloro che le hanno realizzate, sono "storia sacra" e meta-linguaggio. I segni, che forse per comodità spesso definiamo simboli, sono infiniti e sono il frutto della sottigliezza metafisica del linguaggio e della sua struttura articolata. Ma i simboli non sono dei semplici "segni" in quanto quei "segni" sono significanti di significati, cioè sono la materializzazione grafica di concetti, idee, sentimenti, emozioni, conoscenze, concezioni del mondo materiale e soprannaturale, sintesi grafica di storie umane, di eroi, di miti e di dei, quindi sono carichi di contenuti che in genere ci sfuggono in quanto espressioni linguistiche di comunicazione di culture molto lontane dalla nostra e delle quali non conosciamo più i codici di lettura.
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