Cinema italiano. Annuario 2004
Il cinema italiano riserva da tempo, a coloro che si interessano delle sue sorti, una serie continua di docce scozzesi. Così non c'è da stupirsi se il 2004 si apre con tre film italiani nei primi quattro posti della classifica incassi (Boldi-De Sica, Pieraccioni-Barbera e Dario Argento); e con un altro numero tre, i tre mesi concessi 'di consulenza' al direttore uscente Moritz de Hadeln per preparare una Mostra di Venezia che dovrà essere presumibilmente diretta da un altro. Il tre è il numero perfetto e questo autorizza de Hadeln a parlare di 'clima bizantino' a Venezia (dimenticando che proprio la Serenissima fieramente osteggiò l'Impero Romano d'Oriente): come dargli torto? Il problema sono i molti bizantinismi che caratterizzano l'annata trascorsa del cinema italiano, e che sarebbe difficile riuscire a compendiare in queste note. Procederemo perciò in ordine sparso. C'è un bizantinismo critico a volte francamente inspiegabile. Ognuno può amare o odiare un film (tanto - sia detto per inciso - il giudizio dei critici è sempre meno importante per il successo dei film, e l'esito di "Il cartaio" di Dario Argento ne è la prova più recente); ma a volte colpiscono motivazioni e impostazioni. Intorno a Natale un certo Barberis si è dilungato su "l'Unità" in un saggio in perfetto stile "Cinema Nuovo" contro Paolo Virzì stupendosi qualche giorno dopo perché Pierluigi Battista, nella sua rubrichina da primo della classe che fa le pulci ai compagni di scuola, si è permesso di sfotterlo. Il problema, naturalmente, non è questo: ma perché il valido Barberis ha impegnato tanto inchiostro e presumibilmente tanto tempo per un film che ha il solo torto di essere andato bene e di essere comprensibile a un pubblico più vasto di quello che frequenta i salotti letterari? [...] (Dal saggio di Stefano Della Casa)
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