In prima persona. Il cinema di Errol Morris
Dopo Van der Keuken e Wiseman, Errol Morris. Il viaggio di Filmmaker nel documentario contemporaneo s'impreziosisce di un nome importante. Dopo un perfetto esponente della classicità documentarista, saldamente ancorata ai principi della rappresentazione della realtà e dell'invisibilità della macchina da presa (Fred Wiseman), dopo il cinema figlio della rivoluzione modernista delle 'nouvelle vague', caratterizzato da una macchina da presa che si trasforma in una sensibilissima interprete degli stati d'animo di chi la imbraccia (Johan Van der Keuken), con Morris atterriamo su un altro pianeta. Il regista americano concepisce i propri film come sistemi comunicativi complessi capaci di intrattenere con i soggetti e, cosa forse ancor più importante, con gli spettatori, una conversazione audiovisiva ricca e spesso spiazzante. In un'epoca di proliferazione della comunicazione, in un mondo abitato sempre più da immagini preconfezionate e da voci nascoste da quelle stesse immagini urlate ai quattro venti, Morris non si ritrae e accetta le regole. Ma per fare il proprio gioco. Usa immagini preesistenti, ma le rilegge alla luce di racconti pronunciati da autentici outsider. Personaggi che di norma vivono lo spazio di una 'breve' nelle pagine di cronaca locale. Il cinema di Morris dà dignità a questi favolosi e incredibili 'self made men', consumati affabulatori, autori di un mito che continua a rinnovarsi. E rinnovandosi ci racconta dell'America (la nazione, il mito, il modello di tanto cinema). E della sua più affascinante e nascosta frontiera interna. (Dalla Introduzione)
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