Canoni americani. Oralità, letteratura, cinema, musica
Gli Stati Uniti, scriveva Cesare Pavese, sono "il gigantesco teatro dove con maggiore franchezza che altrove veniva recitato il dramma di tutti [...]. La cultura americana ci permise in quegli anni di vedere svolgersi come su uno schermo gigante il nostro stesso dramma". Se c'è un dato che ha sempre caratterizzato la letteratura degli Stati Uniti è proprio il continuo salire e scendere dei linguaggi, il flusso ininterrotto di scambi, dialoghi e conflitti fra ricerca letteraria e culture popolari, culture egemoniche e culture di minoranza, oralità e scrittura, scrittura, musica e cinema. Da Herman Melville a Bruce Springsteen, da William Faulkner a Spike Lee, da Toni Morrison alle origini letterarie della teoria della guerra preventiva, dall'autobiografia dello schiavo Olaudah Equiano ai mondi sotterranei di Don DeLillo, questi saggi ripercorrono con irriverenza appassionata l'arco cronologico della letteratura degli Stati Uniti e cercano di ridefinirne i confini e le forme: in altre parole, non il canone, ma i canoni, nella loro pluralità e nella dinamica dei loro rapporti in continuo divenire. E se è vero che, come ha detto Wim Wenders, "l'America ci ha colonizzato l'inconscio", questi saggi - che non dimenticano mai il punto di vista dell'osservatore - sono anche un'autobiografia del nostro rapporto profondo con questa inquietante ed eccitante presenza.