Il mondo non finisce
Mamma era una treccia di fumo nero.Mi portava bendato sulle città in fiamme. Il mondo era un luogo troppo vasto e ventoso perché un bambino vi giocasse. Incontrammo molti altri che erano proprio come noi. Cercavano di infilarsi i cappotti con braccia fatte di fumo.I cieli lontani erano pieni di piccole orecchie avvizzite e sorde invece che di stelle."Mamma era una treccia di fumo nero. Mi portava bendato sulle città in fiamme", è l'incipit de Il mondo non finisce. Charles Simic attraversa con passo fermo la seconda metà del Novecento dell'Occidente, e disegnandone la geografia fantastica a cavallo del Vecchio e del Nuovo Continente cerca la verità percorrendo - e raccontandoci - i sentieri della follia. Ricostruisce un mondo in cui, come in questo libro, "il vecchio fiume [...] nella sua confusione a volte si disorienta e scorre verso monte" sotto "cieli lontani [...] pieni di piccole orecchie avvizzite e sorde invece che di stelle" e lungo "foreste di punti interrogativi". E in questo mondo ci muoviamo sentendolo nostro, riconoscendone l'attuale quotidianità, fatta di echi della seconda guerra mondiale nei Balcani, dei più semplici ricordi d'infanzia, di scene da locanda medievale. Come nei capolavori che più amiamo, ci guardiamo intorno sconcertati e divertiti in un universo che fino al momento della lettura avevamo percepito in modo diverso; poi ci troviamo come a casa, e sentiamo che ogni riga de Il mondo non finisce parla di noi e del nostro tempo.