Scritti danteschi
Questi scritti raccolti e presentati a distanza di cento anni dalla loro prima pubblicazione e praticamente inediti, ci mostrano un Pirandello attentissimo studioso dell'opera di Dante: dimostrano come il Maestro siciliano conoscesse alla perfezione le terzine dell'Alighieri. L'ultimo scritto, "La commedia dei diavoli" e "La tragedia di Dante", è il testo, riveduto e ridotto in forma di saggio, di una lettura tenuta da Pirandello in Orsanmichele il 3 febbraio 1916, pubblicato nella Rivista d'Italia (settembre 1918) e mai raccolto in volume. A mero titolo di esempio della profondità con la quale Pirandello affronta le Cantiche dantesche, e della meravigliosa "penna" con la quale riusciva a dare ai suoi pensieri forma esatta, compiuta e magistrale, egli scrive: «Vediamo per effetto del suo passaggio in mezzo all'eterno di questo mondo, a mano a mano destarsi una vita momentanea che la potenza dell'arte fissa in atteggiamenti eterni, e non pensiamo più che questo transitorio nell'eterno, divenuto per potenza d'arte a sua volta eterno, non è certamente per il poeta com'è per noi. Noi vediamo il fatto - così eternamente fissato - dov'egli vedeva e sentiva ancor nuova e calda la sua fattura; cioè, noi vediamo il sentimento del poeta - divenuto quasi realtà fuori di lui - consistere nella rappresentazione ch'egli ne ha fatto; ma questa consistenza con un carattere d'eternità che il sentimento oggettivato del poeta ha per noi, non poteva averla per lui che vedeva ancora invece l'atto del crearla a mano a mano che la materia gli consisteva dentro, quand'era ancora caldo quel sentimento momentaneo per cui, ad esempio, Farinata - proprio ora - in quel gesto gli si levava dall'arca «dalla cintola in su», o Francesca e Paolo gli s'appressavano al grido affettuoso per narrargli i loro dolci sospiri».