Il silenzio di Stalin. I primi dieci tragici giorni dell'Operazione Barbarossa
La reazione di Stalin all'improvvisa invasione tedesca nel giugno del 1941 è uno dei capitoli più discussi e controversi della storia contemporanea. Secondo alcuni, il dittatore fu colto di sorpresa, precipitò in una crisi depressiva e fu per dieci giorni del tutto incapace di dirigere la resistenza del paese contro il micidiale attacco congiunto della Wehrmacht e della Luftwaffe. Secondo altri, Stalin sapeva che la guerra sarebbe scoppiata e si preparava a farla lui stesso nel 1942, non appena le forze sovietiche fossero state pronte a prendere l'iniziativa. Ma i suoi piani furono sconvolti dalla mossa d'anticipo di Hitler e l'unica difesa possibile, in quelle circostanze, fu quella di contenere, con qualche misura di ripiego, l'avanzata del nemico. Oggi, grazie alle esaurienti ricerche di Constantine Pleshakov negli archivi sovietici, il quadro è finalmente più chiaro. Stalin preparava la guerra per il 1942 e fu effettivamente sconcertato da un evento che non aveva previsto. Riluttante ad ammettere il suo errore strategico, sperò per parecchie ore che quella dei tedeschi fosse soltanto una provocazione, diretta a sondare le reazioni dello stato maggiore sovietico, e ritardò l'inizio delle ostilità. Per 48 ore si assentò dal Cremino e stentò poi, per qualche tempo, a regolare il passo delle sue decisioni sui tempi di un'operazione travolgente che permise ai tedeschi, nei primi dieci giorni, di penetrare per 550 chilometri nel territorio dell'Urss e di conquistare un territorio abitato da 20 milioni di russi, ucraini, bielorussi. Da quel momento il Paese, sia pure con grande lentezza cominciò a dare segni di ripresa. Pleshakov elenca le ragioni che permisero all'Urss di uscire vincente dalla partita. Alcune di esse sono già state suggerite da altri storici, ma sono in questo libro particolarmente documentate. Il disprezzo di Hitler per i popoli slavi e il trattamento inflitto ai prigionieri sovietici impedirono ai tedeschi di utilizzare i sentimenti anticomunisti e antistaliniani che erano molto diffusi, soprattutto in Ucraina. La vastità del territorio e il "generale inverno" dettero all'Urss il tempo per preparare le forze del contrattacco. Stalin dimostrò, nella condotta delle operazioni, una inattesa flessibilità: ridusse il potere dei commissari nelle formazioni militari, lasciò ai generali una maggiore libertà di iniziativa, attenuò i toni della ideologia per dare libero sfogo ai sentimenti patriottici del popolo. Ma non rinunciò a utilizzare gli stessi metodi del Terrore di cui si era servito per controllare il Paese negli anni precedenti. Tra il luglio e il dicembre del 1941 furono processate, scrive Pleshakov, "ben 1.339.702 persone, di cui il 67,4% fu spedito nei gulag". E quasi un milione di uomini combatté, fra il 1942 e il 1945, in "battaglioni penali" impiegati in azioni particolarmente pericolose. Patriottismo russo e Terrore: furono questi gli ingredienti con cui Stalin, dopo lo smarrimento dei primi dieci giorni, riuscì a sconfiggere la Germania di Hitler.
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