L'Africa Nera fra Cristianesimo e Islam. L'esperienza di Daniele Comboni (1831-1881)

L'Africa Nera fra Cristianesimo e Islam. L'esperienza di Daniele Comboni (1831-1881)

In un libro pubblicato da questa collana due anni fa - "La spartizione dell'Africa 1880-1914" - Henri Wesseling ha descritto la politica coloniale delle maggiori potenze europee tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Di quel fenomeno conosciamo bene le cause e le tappe più importanti: il taglio del Canale di Suez, la lunga discesa dei mercanti europei verso l'Africa centrale e il bacino del Congo, la ricerca delle fonti del Nilo, l'impero congolese di Leopoldo I, la conferenza di Berlino, i protettorati europei in Africa settentrionale, la guerra della Gran Bretagna contro i dervisci del Mahdi, la sconfitta subita da un corpo di spedizione italiano a Adua, la guerra dei boeri, la conquista italiana della Tripolitania e della Cirenaica. Pochi sanno tuttavia che negli anni Trenta dell'Ottocento l'Egitto (allora provincia autonoma dell'Impero Ottomano) aveva preceduto le potenze europee e si era impadronito, avanzando lungo il corso del Nilo, di una grande regione dell'Africa centrale: il Sudan. Il colonialismo egiziano e ottomano ebbe l'effetto di aprire le porte di una parte dell'Africa che aveva vissuto, sino ad allora, in una grande cono d'ombra. In questo varco entrò negli anni seguenti, insieme ai mercanti e ai diplomatici, la Chiesa di Roma, decisa a fare opera di evangelizzazione fra le popolazioni dell'Africa centrale. L'Egitto riformatore di Mohammed Ali vide di buon occhio la presenza di missionari cattolici in Sudan e ne favorì l'insediamento, ma volle che si astenessero da qualsiasi forma di proselitismo fra i musulmani. Comincia così la storia del Vicariato di Khartoum e degli uomini che dedicarono la loro vita alla propagazione della fede nelle grandi regioni attraversate dal Nilo Azzurro e dal Nilo Bianco. Fra questi uomini il più noto e importante è un sacerdote veronese, Daniele Comboni, che trascorse buona parte della sua vita in Sudan e dette prova di una grande sensibilità per i problemi africani. Preparò un piano per la 'rigenerazione dell'Africa', fondò nella sua città natale un istituto per la formazione dei missionari, aprì scuole e ospedali, volle associare gli africani alle sue iniziative e fu, osserva Gianpaolo Romanato, un anticipatore del 'terzomondismo'. Ma trovò sulla sua strada un'altra grande religione monoteista, l'Islam, che in quegli stessi anni si stava diffondendo con grande successo nelle stesse regioni. Mentre i trionfanti imperi europei cominciavano a dividersi il continente africano, la religione del decadente Impero Ottomano contrastava efficacemente la diffusione del cristianesimo. Daniele Comboni è stato beatificato nel 1997 e sarà canonizzato nell'ottobre del 2003. Ma questo libro non è un'opera di edificazione religiosa. È un libro di storia dominato dalla singolare figura di un uomo che fu, come altri europei di quel periodo, un 'empire builder', un costruttore di imperi. L''impero', in questo caso, è quello della fede.
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