Ballata per un giovane straccione
L'infanzia del poeta irlandese Patrick Galvin nella povertà di Cork, raccontata in "Storia di un povero ragazzo", era stata certamente dura, e però mirabolante di situazioni e personaggi avvolti in una gentile atmosfera onirica. Il difficile passaggio nell'adolescenza, raccontato in questo secondo volume di ricordi, inizia decisamente con il piede sbagliato: su un treno diretto al riformatorio. E i sogni dell'infanzia sono spazzati via dal brusco irrompere della realtà. Tra le umilianti mura di Saint Jude's, i "pericolosi teppisti" e gli "elementi rivoltanti" come il giovane Galvin (ladruncoli di frutta, saccheggiatori di torte e scassinatori di contatori del gas) sono sottoposti alla disciplina intransigente di frati neri e spietati come rapaci in una voliera di canarini. Solo l'arrivo di un nuovo insegnante, il signor Franklin, un asciutto idealista in odore di comunismo, sembrerebbe poter dischiudere uno spiraglio di futuro nel grigiore paralizzante che soffoca gli uccellini sotto chiave. Ma fare breccia nella diffidenza dei ragazzi si rivela un' impresa disperata: laddove vige la legge della sopravvivenza, perfino la solidarietà tra compagni è fragile come la pelle esposta ai colpi di una cinghia. Ancora una volta, a salvare Patrick Galvin sarà l'irrompere catartico e fortificante della poesia: la macabra ballata dell'ipocrisia, l'emistichio di un nome graffiato su un muro per assicurarsi di esistere, l'elegia della tomba dimenticata della madre, l'epos dell'insurrezione degli oppressi, l'irrompere inatteso della farsa nel tessuto tragico della vita. Quando alla fine, scontata la pena, varcherà di nuovo la soglia del portone di Saint Jude's per uscirne, Galvin sarà libero di buttarsi le scarpe dietro alle spalle. E a marcire rinchiusi tra le alte mura rimarranno i carcerieri: giustizia è fatta.