Tra mirabilia e miracoli. Paesaggio e natura nella poesia latina tardoantica
Da teatro di mirabilia veri o presunti, insieme disorganico di aspetti e fenomeni sempre degni di stupore agli occhi dei poeti "non cristiani" tardoantichi (Ausonio, Claudiano e Rutilio Namaziano), la natura diventa, per i loro colleghi cristiani (Giovenco, Proba, Prudenzio, Paolino di Nola, Cipriano Gallo, Claudio Mario Vittorio e Sedulio), il luogo dei miracoli, eventi che, proprio in ragione della loro eccezionalità, devono essere letti dai fedeli come segni indubitabili della presenza del Creatore nella storia. Attraverso un'analisi puntuale di testi significativi contenenti descrizioni di paesaggio e racconti di miracoli naturalistici, la poesia latina del IV e della prima metà del V secolo viene indagata per ricavare non solo indicazioni sulle più significative tendenze estetiche del periodo - dallo spiccato gusto descrittivo alla rilevanza dei procedimenti digressivi - ma anche indizi utili a delineare la concezione della natura propria dei vari autori. L'adesione degli scrittori cristiani e "non cristiani" a comuni modelli letterari e l'adozione di analoghe tecniche espressive si accompagnano così a differenze profonde nella visione del mondo esterno, dando vita a un quadro complesso e vivace in cui la poesia, nel ricercare le forme più adeguate di raffigurazione del paesaggio, sembra manifestare innanzitutto l.intento di definire uno spazio per sé.
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