Riflessioni sulla «lex voconia»
La lex Voconia, approvata dai concilia plebis nel 169 a.C., dopo il celebre discorso 'persuasivo' di Marco Porcio Catone, sancisce l'incapacità della donna non importa se figlia, perfino unica figlia del de cuius di essere istituita erede nel testamento di un cittadino, titolare di un patrimonio di almeno centomila sesterzi, registrato nella prima classe della costituzione serviana. Essa dispone inoltre che ogni legatario non possa ricevere da un classico più di quanto ottengano l'erede o, insieme, i coeredi. Il plebiscito, spesso compreso tra le leges sumptuariae, va ricondotto ad un disegno politico di largo respiro: conservare ed accrescere la consistenza patrimoniale delle familiae che governano la città, scosse, al termine della seconda guerra punica, dall'emersione di nuovi gruppi, in grado di sovvertire equilibri consolidati utilizzando agili ed ingenti ricchezze, ottenute con l'esercizio dei traffici e del commercio. Accolti con molta ostilità ed elusi quasi contestualmente alla loro emanazione, i divieti di Voconio vengono meno al tempo di Augusto per esplicita deroga parziale e, poco dopo, per generale abrogazione tacita.
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