Gli anni dell'aquila. 1796-1815. Un ritratto indiscreto di Napoleone e del suo tempo
Friedrich Hegel lo definì "Lo Spirito della Storia a cavallo". Più prosaicamente, un suo aiutante lo etichettò come "un bastardo di genio", mentre una delle sue innumerevoli amanti disse di lui:"Per essere piccolo è piccolo,ma non dappertutto...". Al di là dei punti di vista, resta un dato incontrovertibile: Napoleone Bonaparte impone un prima e un dopo alla storia dell'Occidente. Figlio della Rivoluzione, la tradisce più volte. Fervente repubblicano, si fa nominare imperatore. Portabandiera del principio di nazionalità, assoggetta mezza Europa... Insomma, un coacervo di contraddizioni che paradossalmente, nel giro di un ventennio, finisce per catapultare il Vecchio Continente nella modernità, sia per quanto riguarda il diritto, sia per quanto riguarda l'evoluzione civile, economica e scientifica. Una modernità che neppure la successiva Restaurazione potrà davvero rimettere nel cassetto. Agile, divertente, irriverente, minuziosissimo nel dato storiografico e di elegante perfidia nella narrazione dei fatti, Gli anni dell'aquila restituisce il personaggio di Napoleone in tutta la sua tumultuosa energia sovvertitrice. Quel che ne esce è un quadro composito di quei vent'anni scarsi che hanno posto le basi dell'Europa moderna; un quadro che Alfredo Venturi, cronista abilissimo, tratteggia con la vivacità dell'inviato speciale e il disincanto dello studioso che, al contrario di Hegel, stenta a credere nell'infallibile saggezza della Storia.
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