Il Penitente
Joseph Shapiro è un 'baal tshuvah', un penitente, e ha una strana storia - la propria - da raccontare. Una storia di fuga e di esilio. Scappato dalla Polonia nel 1939 e poi dalla Russia staliniana nel 1945, ripara finalmente negli Stati Uniti nel 1947. In questo moderno Eldorado diventa ricco, ma con l'agiatezza scopre anche la noia, il peccato, i rapporti viziosi con le donne, la volgarità e il consumismo. Disgustato dalla corrotta modernità americana, Joseph decide di abbandonare ogni cosa, lavoro, moglie, amante, e di fuggire in Israele per ritrovare i valori della sua religione, il mondo tradizionale dell'ebraismo, carico di pietà, di fede e di cultura. Ma esiste ancora quel mondo? E, se esiste, ha ancora un senso? Amaro e impietoso atto d'accusa contro la società occidentale, "Il penitente" s'inserisce nel migliore filone della narrativa di Singer, quello che fa capo a capolavori quali "Lo schiavo" e "Il mago di Lublino", in cui il recupero delle antiche tradizioni e il ritorno alle radici coincidono col tentativo disperato di opporsi al drammatico esilio dell'ebreo, un esilio già assurto a simbolo della condizione contemporanea dell'individuo.