Il colpevole non è l'assassino ma la vittima

Il colpevole non è l'assassino ma la vittima

Vienna, inizio secolo. Un ufficiale dell'esercito accompagna il figlio al Prater, nel giorno del suo tredicesimo compleanno, e lo invita a provare il tirassegno. Qui ha luogo un gesto teatrale: invece di abbattere il fantaccio cui ha mirato, il ragazzo, ubbidendo al proprio incoscio, colpisce il viso del padre. Questo episodio è l'antefatto a l'emblema della storia di un rapporto allucinato e spesso drammatico tra padre e figlio. Un padre che pretende dal figlio atteggiamenti da soldato, che lo forma condannandolo a frequentare la scuola militare: un ruvido uomo di guerra, freddo e dispotico, che non conosce tenerezze e condiscendenze. Un figlio che si sente perseguitato, consapevole però che c'è un mondo in cui il genitore non può seguirlo. E, nel corso della sua giovinezza, cercherà di liberarsi da questa ingombrante e temuta figura con atti di insubordinazione, sino a partecipare a un complotto che ha di mira la suprema immagine paterna: il sovrano.
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