Tu chiamale, se vuoi... Citazioni, echi, lasciti letterari nelle canzoni italiane
In questo viaggio attraverso l'italiano cantabile dai primi decenni del Novecento a oggi si incontrano testi che risentono, in varia misura, degli esempi dei classici della tradizione letteraria. Echi e lasciti illustri, a volte evidenti, a volte mimetizzati, usati consapevolmente oppure emersi da lontani ricordi di scuola. Dante, naturalmente, è il più citato, con l'assoluta preminenza del Canto di Paolo e Francesca. Petrarca, soprattutto per il suo assunto che oggetto primo della poesia e quindi delle canzoni è l'amore, a maggior ragione quando è un amore che fa soffrire e piangere. Il terzo è Leopardi, il cui testo canonico, a sorpresa, è proprio L'infinito, che, tradotto nel lessico del discorso amoroso, ha costituito il riferimento continuo di canzoni che vanno da Gino Paoli a Vecchioni, da Don Backy a Battiato. Certo, nei cantautori di seconda e terza generazione fanno sempre più la loro comparsa poeti stranieri (Ginsberg, Villon, Edgar Lee Masters), un fenomeno che meriterebbe una trattazione a parte. Qui, però, in appendice, esaminiamo tre casi anomali: nei primi due, troviamo canzoni che usano solo i titoli di opere famose di cui ignorano il contenuto (i romanzi di Françoise Sagan, "I fiori del male" di Baudelaire). Nel terzo, scopriamo in tre successi degli anni 1967-1970 l'eco addirittura di Saffo.