Nel caso non ci rivedessimo. Una famiglia tra deportazione e salvezza 1938-1945
"Nel caso non ci rivedessimo..." sono le parole purtroppo profetiche dell'ultima lettera spedita da Siegmund Klein alla figlia Ilse in Italia dal nascondiglio di Amsterdam, pochi giorni prima del suo arresto da parte della Gestapo nell'ottobre 1943. Quindici giorni dopo Siegmund veniva deportato ad Auschwitz, proprio mentre Ilse e il marito milanese Piero Sacerdoti, conosciuto nel 1938 a Parigi e sposato a Marsiglia nel 1940, riuscivano a salvarsi in Svizzera. Nelle braccia di Piero il loro neonato Giorgio, l'autore di questo libro, il bimbo di cui Siegmund scriveva "non lo potrò mai vedere altrimenti che in fotografia". I sommersi e i salvati secondo l'espressione di Primo Levi. E tra i sommersi, insieme al padre, gli altri famigliari di Ilse: la mamma Helene, morta in Olanda sotto falso nome, e il fratello Walter di soli 22 anni, arrestato in Francia mentre cercava di raggiungere la sorella. Il carteggio tra i genitori e Ilse nell'Europa in guerra, tra Germania, Olanda, Francia, Svizzera, Italia, miracolosamente preservatosi, riemerge dopo settant'anni, col suo carico di affetti, di preoccupazioni, di speranze. Una vicenda che a distanza di decenni si conclude nel 2011 con la "riconciliazione" ideale dei figli di Ilse con quella Colonia da cui i nonni dovettero fuggire nel 1938: con la posa delle "pietre d'inciampo" con i loro nomi davanti alla casa dove avevano abitato, alla presenza del sindaco e degli studenti del liceo dove Walter aveva studiato. Prefazione di Arrigo Levi.