Piccolo elogio della golosità
Un elogio della golosità in questi tempi di crisi, di richiami forzati alla sobrietà e alla moderazione, addirittura alla "povertà felice"? Sembra essere una pretesa politicamente scorretta. Ma la golosità che l'autore esalta non è necessariamente l'eccesso o il lusso nella ricerca di cibi raffinati, è piuttosto la celebrazione di un'intima e gioiosa comunione con la vita. Inoltre il cibo è cultura e le cucine straniere, in quanto ambasciatrici di cultura, favoriscono il dialogo tra i popoli. Se la fame è in stretto contatto con la vita perché è il bisogno di mangiare, se l'appetito è la gioia di mangiare, la golosità è una forma di piacere. Grégoire Polet chiarisce il rapporto che lega la golosità alla vita facendo ricorso ai quadri di grandi pittori che hanno ritratto cene e banchetti o rappresentato la semplice azione del mangiare, soddisfatta con allegro piacere. Anche fra il cibo e la letteratura si creano analogie vertiginose: la golosità è una finzione poetica, un modo per difendersi dal mondo imperfetto, dalla tristezza della vita. La buona tavola è come l'arte: un mezzo per sfuggire al quaggiù e raggiungere l'altrove; una glorificazione della vita imparentata col desiderio.