Caro maestro e amico. Lettere a Valéry Larbaud (1926-1937)
Tra la fine del 1925 e l'inizio del 1926, esploso in Italia come in Francia, il "caso Svevo" avvicina due scrittori, intellettuali e critici che nella scoperta dell'autore di "Senilità" hanno un ruolo determinante. Montale è un trentenne ancora incerto, alla ricerca di se stesso e di uno spazio nella letteratura contemporanea; Larbaud ha quarantasei anni, è un "riche amateur", un affermato "homme de lettres", "critique sevère" e "écrivain raffiné". Poche lettere restano a segnare un rapporto sotterraneo ma forte, iniziato nel 1926 e concluso nel 1937, segnato da un 'feeling' che corre sui nervi di comuni passioni: Svevo, di cui Montale è abile a vedere "il totale nella briciola", Joyce, che l'italiano scopre attraverso la traduzione francese di Larbaud, e autori e critici che in quegli anni si affacciano alla ribalta, in un vicendevole scambio di libere segnalazioni. E' un carteggio sottile questo tra Montale e Larbaud - qui sostenuto da un imponente corredo di note - ma importante perché in filigrana appare la nascita del poeta e il suo 'fuoco' coincide con la prima edizione di "Ossi di seppia", che Montale invia, nella certezza di essere riconosciuto, al "Maestro e Amico", all'"ultimo scrittore francese - confesserà nel '74 - che ho veramente amato".
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