L' ora d'aria del ritardatario
"La prima cosa che suscita l'attenzione di chi comincia a leggere L'ora d'aria del ritardatario, opera prima e postuma di Nicolò Riggio narratore, è la scrittura: fantasiosa, lussureggiante di immagini; ritmica e lirica, punteggiata di eleganti endecasillabi; ricca di parole desuete o derivate dal dialetto siciliano; caratterizzata dal gusto dell'elencazione e dunque sovrabbondante di toponimi ma anche di nomi di pesci, di piante, di tutto un lessico specifico dell'artigianato e della pesca. Una scrittura che il lettore di buona memoria non tarderà a riconoscere come ispirata alle opzioni per una scrittura "alta", lirica e divagante, prediletta da alcuni tra i più raffinati scrittori siciliani del secondo Novecento: da Stefano D'Arrigo a Vincenzo Consolo a Gesualdo Bufalino. Alla loro lezione Nicolò Riggio si lega con la fedeltà del lettore consumato, talché non mancano nel romanzo diversi omaggi, sotto forma di soluzioni strutturali analoghe o di citazioni intertestuali esplicite o implicite: tali echi possono riguardare l'onomastica (il personaggio di Ciccina Cicciò rimanda alla Ciccina Circè di Horcynus Orca), le situazioni (per il suggestivo funerale del delfino il pensiero corre ancora al romanzo di D'Arrigo), il rapporto tra i grandi avvenimenti storici e la storia "minore" della povera gente che non lascia traccia del suo involontario soggiorno sulla terra (dove la pietas bufaliniana è più che un ricordo, anzi è una presenza costante) ma (e a tal proposito è più evidente il modello consoliano) anche la strutturazione complessa del testo: priva di linearità narrativa, piena di flash backs e flash forwards, non estranea all'espediente della narrazione in parallelo, inoltre arricchita da "appendici" e scritture riportate, in verso e in prosa". (Dalla prefazione di Giuseppe Traina)
Al momento non disponibile, ordinabile in 3 settimane circa