Ezio Tribbia. Pane di domani
"Ezio Tribbia, mettendo in ostensione un alfabeto del pane rimasto impresso sopra sudari dell'opera quotidiana di un fornaio, afferma al contempo sia la pratica "predestinata" di un lavoro ereditato dai suoi avi sia "il segno visibile di una realtà sacra", una forma visibile di qualcos'altro che è invisibile: "Una nazione che ricominci la sua storia ridà, prima di tutto, agli uomini, l'umiltà di assomigliare con innocenza ai padri. La tradizione è una grandezza che si può esprimere in un gesto. Mille padri lo videro, e attraverso loro nei secoli è diventato puro come il volo di un uccello, elementare come il moto di un'onda"." (Mauro Zanchi). "Nell'automatica sapienza del fare il pane converge il flusso indistinto di passaggi ereditari le cui origini si perdono nella nebbia di una memoria inaccessibile, arriva fino all'inconscio della storia, lungo il chiaroscuro della sua indefinita linea di partenza, dove stazionano apparentemente immobili e dormienti, come celenterati in fondo al mare, gli impulsi primordiali dell'invenzione umana, la parola, il fuoco, l'arte, la ruota, i sacri segni in cui l'uomo è sorto grazie alle singolari trovate della sua sfida evolutiva." (Giuliano Zanchi)
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