Meglio gli antichi castighi
Concepito alla stregua di un testamento, come non ha esitato a confessare lo stesso autore, composto nel solo momento in cui è possibile sospendere ogni discrezione e riservatezza, scritto per riordinare la farragine del passato senza temere la scabrosità degli argomenti, "Meglio gli antichi castighi" rappresenta un bilancio e insieme un canzoniere. Questa raccolta divisa in quattro parti narra dell'amicizia (nei ritratti di De Pisis, Comisso, Parise, Pasolini, Zanzotto) e dell'amore materno (cui è dedicata l'ultima sezione), ma parla soprattutto di quei corpi intessuti di gioventù con cui celebrare un "tremante rito di adescamento". In una lunga serie di epifanie, la bellezza virile come inesauribile oggetto del desiderio trascorre dal paesaggio veneto a quello americano ("Continua il travelling a caccia dell'erotismo alieno"), dal sud-est asiatico fino a un nord-Africa dolcemente domestico.. Sotto il profilo tematico, questa piccola fenomenologia dell'amore omosessuale sa offrire un vasto spettro di riferimenti. Da un lato le citazioni da Proust o Spender, dall'altro le silhouette di Auden o Cocteau, concorrono a sostenere una tesi quanto mai provocatoria: "Meglio gli antichi castighi", magari come quelli tremendi previsti da Gregorio IX per i sodomiti, che non la falsa tolleranza o il ghetto odierni. Qui siamo a metà strada tra diario di viaggio e pamphlet. Tuttavia, è dal punto di vista formale che il libro riserva le maggiori sorprese. Sciolta da metri e rime, questa poesia sceglie un ritmo colloquiale. Eppure quasi a sottolinearne l'implicità letterarietà, Naldini ha ritenuto necessario integrarla con brevi, serrati commenti. Così, in una specie di straniato controcanto, versi e prose si alternano incalzanti, sconcertando il lettore. Ne scaturisce un effetto stilistico inusuale, che, operando su stacchi e fermo immagine, dilata a dismisura il tempo del testo - a riprova di come sia possibile trattare una materia tanto incandescente attraverso un [...]