Pigalle

Marinelli ha collocato la vicenda del suo primo romanzo in una stazione del Nord-Est italiano: luogo emblematico di degradazione e disagio che da sfondo si trasforma quasi in personaggio - un personaggio che assorbe tutti gli altri. Ora, come nel suo provocatorio libro d'esordio, sceglie di nuovo un luogo strepitosamente evocativo: Pigalle, il quartiere parigino a luci rosse che è diventato simbolo del più banale turismo contemporaneo.Qui viene a vivere tra prostitute e lenoni, barboni e travestiti e con la complicità di una ragazza fin troppo asservita, il giovane protagonista, per distaccarsi, ad ogni costo, fino all'annullamento, da una vita familiare che lo ha tormentato e ossessionato. La sua è un'alcolica discesa all'inferno, una furia autodistruttiva che non si arresta davanti a nessun eccesso. Nel passato di Charli ci sono un'esistenza borghese apparentemente comoda, gli sfondi ridenti di una provincia italiana ancora bella, l'amore di una ragazza, ma soprattutto c'è la figura, dominante del padre: autoritario, vincente, prevaricatore, vessatorio verso la moglie, il figlio e quanti lo circondano. Il padre di Charli è il padre che si vorrebbe morto, e da cui si vorrebbe fuggire anche morendo: ed è questa la scelta del giovane protagonista, cui fa da sfondo congeniale una Pigalle lurida, torva, segnata dal piccolo spaccio di droga e dall'immigrazione più misera. Una evasione, in definitiva, anche se estrema, anche se consumata attraverso un alcolismo rovinoso e un erotismo esasperato; mentre un gesto risolutivo potrà essere compiuto solo nel confronto diretto con la realtà degli affetti, e degli odi.