Fede e bellezza
Scritto in Corsica tra il 1838 e il 1839, e pubblicato a Venezia l'anno dopo, "Fede e Bellezza" rappresenta uno degli esperimenti maggiori di prosa ottocentesca italiana e si colloca nel periodo che corre tra la prima edizione del capolavoro manzoniano (1827) e la sua definitiva "risciacquatura in Arno" (1840), dentro quella zona d'ombra nella quale si esaurisce una serie di tentativi alimentati dall'ansia di rinnovamento conseguente alla fortuna del romanzo storico scottiano. Di una letteratura ispirata al "vero" il Tommaseo, spettatore partecipe di quel faticoso travaglio, si fa portavoce con questo singolare esperimento, dove tutte le forme e i generi narrativi (diario, racconto, romanzo epistolare e storico) sono gettate in un solo crogiolo, e mescolati a suggestioni di nuovi modelli, francesi soprattutto, per tentare un più diretto approccio al vero: un vero storico, secondo il credo romantico, ma di una storia autobiografica, intima, rivisitata per sé prima che per altri (di qui le consonanze molteplici, continue con il Diario intimo e i carteggi). Per questa spinta a rinnovare la materia del romanzo, sorretta dall'urgenza di scrutare l'animo proprio e altrui con ansia di verità, "Fede e Bellezza" riesce nella difficile scommessa di aprire un varco entro orizzonti chiusi, travalicando i confini del genere che aveva dato l'avvio alla nostra prosa moderna. Ma forse la novità maggiore è nella lingua del libro, assolutamente divergente dalla manzoniana, e pur maturata per non meno ardua ricerca e complesso confronto di tradizione e lingua viva, come i dizionari del Tommaseo (chiamati in causa a commentare il libro) stanno a provare. Evento davvero eccezionale in una stagione, quella romantica, così spesso votata, per interpretazione banalizzante di poche parole d'ordine, a impoverimento o rigetto degli istituti linguistici e stilistici della tradizione: qui al contrario, inopinatamente, la prosa del romanzo è promossa a luogo di sperimentazione e innovazione per eccellenza. Insieme alla maggiore prova di metà secolo troviamo inoltre nel libro un incomparabile autoritratto del suo autore (come è noto tra i più proteiformi del suo tempo e non solo di quello), abbozzato in quella che resta la stagione più intensa e feconda della sua vita.