Elena
Questo nuovo libro di Rosita Copioli consta di due parti: una di esse è dedicata a Elena di Troia, ed è una specie nuovissima di dramma poetico, in cui a una voce narrante-monologante si alternano dei "sogni" in cui compaiono e si affollano dialogando personaggi del mito o semplici personaggi-archetipi, il Messaggero, il Vecchio, il Ragazzo, l'Erinni, Castore, Polluce, in una succesione che del sogno ha la forza bruciante e avvolgente. Ma la novità più manifesta è che la voce che lega i sogni e le scene tra loro non è più la voce alta, dal ritmo rigorosamente lirico e tutta intrisa di classicità cui Rosita Copioli aveva abituato i lettori di poesia sin dal primo apparire del suo Splendida lumina solis. Qui la voce parla con versi spezzati, affannati, volutamente e violentemente prosastici, ricchi di tonalità diverse, sino a toccare il sarcasmo in quei deliziosi versetti da melodramma settecentesco con un radicale ampliamento del vocabolario poetico, che ingloba termini come TV, audience, modem. Eppure mai Elena è stata più mitica, più oggettiva che in queste immagini e in queste parole traversate da tempeste di amore e di luce. Le poesie liriche della seconda parte del libro sono di una bellezza e di una energia che ha del prodigioso. Dopo una serie di testi che richiamano luoghi e leggende bretoni, dal porto di Saint-Nazaire alla storia della principessa Dahut e della città sommersa di Ys, il lettore si troverà di fronte a poesie come "L'amore è un a preghiera?", "Il cuore invecchiato", "Fa' del tuo corpo un cuore", "Dolore che non affina", "Quel che amo più di te", "Il posto d'onore", in cui Rosita Copioli, la poetessa coltissima, l'interprete di Yeats, inaugura la misura di una semplicità, di un'immediatezza, di una colloquialità commoventi e dirompenti. Un libro, dunque, che è insieme nuovo, diverso e ardente: che lascerà sul lettore una lunga, ustionante traccia. (Giuseppe Conte).
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