Trilogia del ritorno
"Mi sentivo prima tedesco, poi ebreo". In questa frase piena di rimpianto, più ancora che nel tema sconvolgente dell'Olocausto, è racchiuso il fascino dei tre romanzi brevi di Fred Uhlmann. "L'amico ritrovato", "Un'anima non vile" e "Niente resurrezione, per favore" nascono dalla tragedia di chi, disperatamente innamorato della Germania e della sua cultura, se ne vide nel 1933 improvvisamente allontanato in nome di una motivazione aberrante come quella razziale. In "L'amico ritrovato" questa lacerazione coincide con la fine di una fortissima amicizia fiorita al liceo di Stoccarda tra due adolescenti; l'ebreo Hans Schwarz, figlio di ricchi borghesi, e il nobile Konradin von Hohenfels, per molti aspetti diversi, ma accomunati dall'amore di Goethe, Schiller, Holderlin e la dolce campagna del Wurttemberg. Il nazismo travolge questo legame con la forza di un contagio che sembra colpire anche l'amico prediletto e condurlo al tradimento . La smentita verrà solo trent'anni dopo imprevista e commovente, dalle righe di un vecchio album di scuola e dall' ultima lettera scritta ad Hans da Konradin, divenuto ufficiale della Wehrmacht e prossimo a essere giustiziato per aver preso parte alla congiura contro Hitler: una confessione che è anche l'appassionato tentativo di spiegare come un popolo intero possa precipitare nella barbaria, e risponde ai quesiti che L'amico ritrovato aveva lasciato aperti. Ma per Uhlman quanto è avvenuto non può essere archiviato nel segno consolatorio del ricordo giovanile, e forse proprio per questo la chiave dell'intera Trilogia va considerata "Niente resurrezioni, per favore": il confronto, nella Germania opulenta del dopoguerra, fra l'ebreo emigrato Simons Elsas e i suoi vecchi compagni di scuola non garantirà la riconciliazione, ma suggellerà la ferita dell'animo, la reciproca incomprensione, la consapevole dimenticanza del passato.
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