Lettere poetiche
A più di quattro secoli dalla prima edizione del 1587, le Lettere poetiche di Torquato Tasso vedono nuovamente la luce, affrancate dall'originario accoppiamento ai Discorsi dell'arte poetica, ma con l'incremento, a congruo compenso, delle importanti acquisizioni storico-culturali prodotte dagli studiosi tassiani fra Sette-Ottocento e i giorni nostri. La forma organica di libro a sé stante così ottenuta e ribadita con l'adozione dell'ordinamento cronologico delle missive consente di ricomporre il mosaico di una straordinaria corrispondenza nata dalla revisione romana della Gerusalemme liberata. Un libro, dunque, che è storia di un altro fondamentale libro, documento prezioso della parabola singolare che trasforma il poema tassiano da testo avviato al normale vaglio revisorio in vista della prossima stampa a oggetto di meditata e sofferta riconsiderazione poetica e di parziale riscrittura da parte dell'autore stesso, per la sua inesausta ricerca stilistica, per gli scrupoli letterari e morali suoi e dei revisori, al punto di innescare in lui, dopo la prima pubblicazione e il pieno successo dell'opera, una profonda e irrisolta crisi che lo spinge a scrivere un altro e diverso poema, la Gerusalemme conquistata. Ma oltre all'interesse filologico le Lettere poetiche presentano la testimonianza di una vita inquieta e conflittuale, mostrando le implicazioni, chiare fin dalle prime pagine, tra la sorte imminente della Liberata e la futura desolata esistenza del poeta, l'una e l'altra sintomaticamente accomunate da un doloroso destino di alienante dispersione e disposte dalla eloquente e suasoria voce, che incantava il giovane Leopardi, di un Tasso pronto a difendere i fondamenti teorici della propria opera, non meno che a concederle l'azzardo di un'ulteriore avventura.
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