La psicoterapeuta bellissima
Questo nuovo libro di Ottiero Ottieri consta di due parti che si innestano l'una nell'altra con una logica che potremmo definire teatrale: la prima parte è corale, contiene più voci che si intersecano e si affollano sui temi del rapporto tra sesso, malattia e morte, con la scansione di una specie di motivo conduttore che ritualizza ironicamente la pervasiva presenza anche intellettuale della televisione: "Solo la TV prosegue il suo corso". Nella seconda e più vasta parte riprende invece tutto il suo spazio quella voce monologale dalla irripetibile misura, comica e drammatica, sboccata e intenerita, parodica e serissima cui Ottieri ha abituato i lettori dei suoi ultimi libri di poesia. L'"alieno", l'"alcolista" si rivolge all'amico Giancarlo, da analista diventato "Capo" dell'organizzazione per l'assistenza psichiatrica a domicilio, alle sue "guardie del corpo" - custodi, carcerieri, infermieri, complici - ai suoi fantasmi, a se stesso; la sua è la voce di una "pazzia specializzata", di una pazzia che non soltanto ha metodo, nell'accusare "il tremendo, mortale / uppercut del reale", ma che fa apparire alla fine la ragione come nient'altro che una sua astuzia. Soltanto una pazzia così può regalare ai lettori versi irresistibili come quelli in cui il protagonista frequenta cene mondane e abbozza avventure erotico-galanti, con i guardiani sempre al seguito; o dà indicazioni così minuziosamente pertinenti su che cosa può sostituire il vino e su che cosa può annegare il dolore, nel sospetto che ad essere intollerabile non sia il dolore ma "la menoma / sfumatura di gioria". L'idea che "il solo ansiolitico sia l'eros" fa avanzare nel corso del libro l'immagine di un Brasile favoleggiato con le sue donne "inverosimili / irreversibili". Ma il lettore alla fine conoscerà che una tanto lucida furia burlesca non cancella mai la pena: una pena espressa in versi memoribili, che tagliano come un coltello, pieni di strazio e di una forma dura, non accondiscendente di pietà.