Il profeta. Testo inglese a fronte
Ciò che conta e colpisce ancor oggi il lettore nel discorso di Gibran è tutto quanto ha derivato dalle sue impressioni e dai suoi dolori. Se non fosse stato così, sarebbe rimasto nell'ambito della più stanca e vieta letteratura, non avrebbe titoli per essere riproposto alla lettura dopo tanti anni. Del resto, le sue parole ci colpiscono proprio là dove restiamo affidati esclusivamente alle nostre ragioni e nel momento dei conti definitivi. Gibran vive perché ha puntato sullo Spirito o, per dirla più semplicemente, la sua poesia si inchina di fronte alla profezia, a un altro discorso. Allo stesso modo che la poesia deve sostituire la realtà, renderla diversa, materia eterna, l'invocazione spirituale di Gibran tende fatalmente a risolversi in abbandono, a frantumarsi in parole non umane, a rifarsi un'altra ambizione più alta, assoluta..."L'uomo muta nelle esigenze ma non nell'amore", c'è - dunque - una costante dei rapporti fra uomo e Spirito che costituisce per Gibran il primo termine del suo lungo contrasto con la realtà e i suoi simboli. Di qui l'apparente didascalismo del suo discorso che in effetti va spiegato con il bisogno di essere più liberi, meno legati alla fangosa pronuncia delle nostre cose. Come si vede, qualsiasi direzione si intenda dare al nostro commento, si finisce sempre per mettere in rilievo l'altezza del punto di partenza, l'altezza dell'invocazione. Il resto non è che conseguenza ed è per questo che là dove il suo modo di parlare sembra più astratto, è proprio là che diventa più umano, più radicato nella verità, più affrancato dalla semplice logica delle estetiche apparenti.
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